Oggi voglio fare cenno alle problematiche cibo-cervello che si sono sviluppate o rese evidenti durante il periodo di lockdown e che quindi mi hanno fatto maturare l’idea della necessità di un riequilibrio psicofisico ed energetico, ecco da cosa è nato al mio Metodo C.R.A.M.
Quando le emozioni, i pensieri e le energie non sono in equilibrio, queste hanno influenza anche sul nostro fisico portandoci magari ad assumere un posizione di chiusura o ad alimentarci con junk-food o mangiando fino a 7-8 volte al giorno.
È in queste circostanze che il cibo diventa un confort e smette di essere nutrimento, esso riflette una paura o una frustrazione vissuta in un ambito preciso della propria vita (lavoro, famiglia, relazioni) e il non accorgersi di questa cosa può portare a un punto di non ritorno.
Perché il seguire alcune diete non ha portato a un buon risultato?
Perché spesso non si è tenuto conto delle preferenze delle persone e c'è/c'è stata la tendenza a concentrarsi solo sull'aspetto calorico del cibo per cui il concetto è: meno calorie assumo e più perdo peso…
In parte è vero, ma a lungo andare non funziona così perché il nostro corpo ha un metabolismo basale che prevede l’assunzione di un certo quantitativo di calorie giornaliere che gli permettono di far funzionare bene l’organismo e se si tolgono calorie abbassandole in modo eccessivo, queste non saranno più sufficienti per far funzionare bene non solo l'organismo, ma anche il cervello (affinché si sviluppi) per cui esso si ribella.
Il nostro cervello non ama privazioni di nessun genere, il suo sviluppo si basa sulla capacità di elaborare stimoli, ma allo stesso tempo per evolvere e quindi ampliare le connessioni cerebrali, la maggior parte di questi stimoli deve essere positiva…
Anche il cervello ha delle sue preferenze e quindi per avere buone connessioni deve mangiare cose che gli piacciono!
C’è poi un altro tema molto importante che è quello che lega: il gusto e il piacere.
Il piacere è molto importane e non va sottovalutato, è fondamentale per il nostro organismo ed essendo il cervello a dirigere tutta l'organismo, è bene coccolarlo!
Se si mangia una cosa buona, il cervello prova piacere ed essendo un’esperienza positiva fa rilasciare neurotrasmettitori come le endorfine - appartengono al gruppo dei cosiddetti "oppioidi endogeni" e sono conosciute come “morfine endogene”-, il cui compito principale è quello di alleviare il dolore, ridurre lo stress e migliorare l’umore - sono classificate tra gli "ormoni della felicità".
Il piacere di un cibo deriva dai 5 sensi: gusto, tatto, vista, olfatto, ma anche il suono…
Facciamo un esempio: se mangio un pezzo di torta riscaldata, che magari ha anche una parte croccante, essa mi da un piacere grande, ma se aspetto un paio di ore lasciando che si raffreddi all’aria e che magari assuma una consistenza secca e poco fragrante, non sarà più così piacevole, la stessa cosa può avvenire con un liquido, consideriamo il vino: bere uno stesso identico vino in contesti differenti (uno tranquillo, luci soffuse e in dolce compagnia VS ambiente caotico, freddo e chiassoso) porterà a uno stato di gradimento differente.
Il cibo quindi non è solo “mangiare qualcosa” per usarlo come carburante, bensì è esperienza e soprattutto è la combinazione di tutti i sensi che abbiamo, di emozioni e di relazioni.
A livello fisico e mentale le esperienze positive con il cibo producono nuove memorie, nuove informazioni su quell'alimento e ciò ci permette di diventare più esperti rispetto a ciò che si sta mangiando, così come se si è vissuta un'esperienza sgadevole possono svilupparsi intolleranze alimentari.
Qual è il rovescio della medaglia?
Che mangiare cibi che ci forniscono un senso di benessere in periodi stressanti o dove non ci sentiamo in equilibrio, può diventare una dipendenza e quindi quando finisce l'alimento si ha una sorta di astinenza.
CERVELLO E INSULINA
Il cervello non ama l’insulina.
Ogni volta che mangiamo (sopratutto carboidrati), i livelli ematici di glucosio salgono e per come siamo strutturati esso non può rimanere a lungo in circolo perché altrimenti compromette il benessere dell'organismo intero. Chi si occupa di gestire il carico di glucosio? Il pancreas, il quale liberando insulina permette l'abbassarsi della glicemia.
Il cervello però non ama questo mare in tempesta che si scatena ogni volta che mangiamo (ossia rilascio di l’insulina, ormoni in circolo, succhi gastrici ecc.), anche perché ci vogliono 1-3 ore per smaltire l’insulina e se noi dopo 3 ore ricominciamo a mangiare, ricomincia anche daccapo tutto il processo.
L’insulina viene rilasciata soprattutto quando mangiamo i carboidrati (il nostro corpo si attiva nel rilasciarla già solo a vedere un piatto di pasta!) e poiché abbiamo un cervello enorme e uno stomaco piccolo rispetto agli altri animali, il nostro scopo di vita è quello di avere un cervello ben funzionante.
SPOILER: per produrre energia, il cervello usa solo in parte gli zuccheri perché non sono l’unica fonte da cui attingere, ci sono anche i CHETONI.
Il fatto di mangiare cosi spesso durante il giorno influisce sui nostri ritmi circadiani, ogni organo rispetto alla luce solare fa cose differenti, questi ritmi sono legati appunto al ciclo giorno-notte.
Il nostro organismo secerne cortisolo in base a un andamento giornaliero che prevede picchi massimi e picchi minimi.
Se prendiamo in esame una persona non soggetta a stress, il ciclo del cortisolo dovrebbe essere questo: nelle prime ore del mattino avviene il primo grande picco che si riduce dalle 9,30 alle 11,30, risale dalle 12,00 alle 13,00, e subisce un’altra riduzione dalle 13,30 alle 17,00. Un ultimo picco si può registrare dalle 17,30 alle 18,30, infine il livello decresce nelle ore notturne per permettere il riposto e per ricominciare il ciclo il mattino successivo.
1. Nelle prime ore del mattino (quelle che precedono il risveglio) avviene il picco maggiore di cortisolo (ormone dello stress), si riduce dalle 9:30 alle 11:30 e comincia a risalire verso le 12:00-13:30 di pomeriggio > ci serve per alzarci alla mattina ed essere belli lucidi, i nostri avi cacciatori al mattino si alzavano per andare a cacciare appunto.
2. Verso il pomeriggio subisce un’altra riduzione (13:30 - 17:00) e un ultimo picco si può registrare intorno alle 17:30 - 18:30.
3. Infine, verso le ore del tramonto e quindi quando la luce da blu comincia a diventare rossa (spettro rosso), inizia a salire l’ormone della melatonina. La sua produzione è legata al nucleo soprachiasmatico (è un nucleo dell'ipotalamo che contribuisce alla regolazione dei ritmi circadiani) > Il sorgere del sole inibisce la produzione di melatonina e mentre il tramonto attiva la produzione di melatonina che poi ha un picco verso 1-2 di notte.
La melatonina non è solo l’ormone che favorisce il riposo notturno, ma ha anche un ruolo centrale nella regolazione dei rimi circadiani, nel potenziamento del sistema immunitario e nel controllo delle infiammazioni.
Cosa altera la produzione di melatonina?
Ci sono due aspetti:
- Luce > la melatonina sale quando arriva la luce delle spettro rosso del tramonto, per cui se non spegniamo la luce blu (pc, telefono ecc.) a un certo orario, il nucleo soprachiasmatico non comprende se quella luce sia naturale o della televisione perché il cortisolo rimane sempre alto e quindi la melatonina non viene rilasciata.
Nei dispositivi moderni c’è la possibilità di inserire la modalità “night shift” che rende ingiallisce la luce dello schermo per non causare alterazioni a questo nostro ritmo, tuttavia la cosa migliore è sempre quella di spegnere i dispositivi almeno 2h prima di andare a dormire. - Insulina > se si mangi troppo, sia in termini di quantità che di tempo, l’insulina sarà costantemente prodotta per cui la melatonina farà fatica ad essere prodotta perché non riesce a seguire il ritmo circadiano (e questo vale anche per il cortisolo), tra le altre cose questo può essere il motivo per cui ci si sveglia stanchi.
ATTENZIONE: Gli zuccheri influiscono sulla risposta infiammatoria.
L’insulina aumenta durante un pasto, sopratutto se mangiamo molti zuccheri e in modo frequente. Un’eccessiva stimolazione dell’insulina porta a lungo andare alla resistenza insulinica e ciò causa a cascata l’inibizione dei recettori IGF-1 a livello cerebrale e nello specifico nella zona dell’amigdala, la quale gestisce le emozioni e in particolare la paura.
Questo recettore, agisce grazie all’insulina e serve per immagazzinare i ricordi, stimolando le connessioni interneurali e migliorando la memoria, quindi la resistenza insulinica inattiva alcune zone del cervello e ne iper-attiva altre che sono legate alle emozioni.
L’alterazione dell’IGF-1 favorisce l'intolleranza al glucosio (l'organismo non riesce più ad abbassare il glucosio), favorisce l’ansia e l’accumulo di grasso, inoltre causa un deficit delle attività mentali.